Sentiero: Casere (Kasern) - Adleralm - Tauernalm - passo dei Tauri (Krimmler Tauern) - punta Val di Frane (Schuttalkopf) - ritorno (Valle Aurina - Bolzano)
Valle Aurina - Passo dei Tauri - Punta Val di Frane
difficoltà: E segnavia: 13 - 14
cime: punta Val di Frane (Schuttalkopf) (2774m), cresta ENE
in totale 5h 45' di cammino e 1200 metri di dislivello
miei commenti e consigli: mulattiera semplice, ben segnalata e molto frequentata. Vi abbiamo incrociato vari appassionati di mountain-bike provenienti dalla Windbachtal (Austria), non sempre esperti e forse un po' troppo caotici. Giunti al passo, è consigliabile proseguire fino alla vetta della punta Val di Frane (25/30 minuti fra andata e ritorno) sul facile sentiero tracciato lungo la sua cresta ENE. Il dislivello, anche se non proibitivo, può mettere a disagio una persona poco allenata.
10/08/2014
Lo yeti esiste!
La punta Val di Frane è una delle tante cime di confine che separano la valle Aurina dall'Austria; si trova a est del notevole monte Fumo (Rauhkofel, 3251m) e a ovest della Vetta d'Italia (Glockenkarkopf, 2912m), altura modesta, ma famosa, e frequentata, perché a torto ritenuta il punto più a settentrione d'Italia. E' una montagna poco appariscente e priva di interesse alpinistico, spesso ignorata nonostante si erga nei pressi dell'importante passo dei Tauri; offre però un bel panorama e il paesaggio circostante è aspro e affascinante.
Vi siamo giunti per caso, soprattutto perché sono già salito su numerose cime della zona e perché il tempo questa estate non mi ha permesso di affrontare percorsi più impegnativi (è piovuto 17 giorni su 21 e abbiamo potuto sfruttare solo brevi e incerte schiarite); ne sto scrivendo perché là sopra, dove in pratica è rarissimo incontrare anima viva, mi è accaduto un episodio curioso che credo valga la pena di raccontare.
Il sentiero non crea particolari difficoltà: si parte da Casere (ultimo villaggio della splendida valle Aurina) dopo aver lasciato l'auto nel comodo parcheggio a pagamento, e si segue la strada di fondovalle fino all'evidente bivio a sinistra per la Tauernalm e il passo dei Tauri. Si sale ora sull'antica mulattiera guadagnando quota costantemente, senza pause, lasciando presto, a destra, la malga: bello è, soprattutto nel tratto superiore, il percorso, tuttora lastricato, e bello è un ambiente in cui i verdi pascoli progressivamente si arrendono alle sterili rocce. Le vedute diventano man mano più ampie, soprattutto verso le grandi montagne che delimitano l'alta valle (picco dei Tre Signori, o Dreiherrnspitz, 3498m).
In alto si incrocia il sentiero che collega il rifugio Tridentina alla zona del monte Fumo e si lascia a destra, nel suo splendido isolamento su un grande pendio morenico, il rifugio Vetta d'Italia, della Guardia di Finanza. Da quassù si apprezzano non solo le cime culminanti con l'imponente picco dei Tre Signori, ma anche le candide vedrette che ne rendono affascinanti i versanti occidentali. Proseguiamo e dopo un ultimo strappo un poco dirupato raggiungiamo il passo dei Tauri, un piccolo intaglio nella roccia oltre il quale si scende camminando sulla neve della Windbachtal, in Austria; a destra c'è un minuscolo riparo.
Appena aldilà della linea di cresta e di confine è semplice individuare la traccia a sinistra che permette di salire sulla cima della punta Val di Frane. Il tempo non è bello, tanto per cambiare, e un forte vento ghiaccio risulta piuttosto fastidioso; le nubi corrono velocissime e coprono spesso la vetta. Lori decide di rinunciare e aspettarmi "intabarrata" nel suo piumino e accucciata sulla panca che le misere assi di legno del riparo provano a proteggere.
Sul passo stanno transitando molte persone, quasi tutti ciclisti che stanno giungendo alla spicciolata dalla Windbachtal portando sulle spalle mountain-bike di ogni colore... chiaramente nessuno ha intenzione di proseguire a piedi verso la cima, che al momento è scomparsa, e anch'io nutro qualche dubbio: è freddo e mi sento un poco in colpa ad abbandonare Lori, anche se solo per una quarantina di minuti.
Parliamo un attimo: ha tolto dalla zaino guanti e berretta, e mi assicura di non avere problemi, a patto che mi sbrighi... parto cercando di accelerare il passo. Sono subito in cresta e ho la gradita sorpresa di trovare a risalirla un ottimo sentiero battuto e perfettamente riconoscibile; supero un tratto in piano e arrivo alla base della piramide di pietre sommitale.
Mentre guadagno quota rapidamente noto un movimento fra le nubi, davanti a me: c'è una persona, ma non sembra stia salendo, e neppure stia scendendo... però sta trasportando un paio di sassi piatti! Mi avvicino... ora lo vedo chiaramente, e anche lui si è accorto del mio arrivo: è sul sentiero, nei pressi della colonna di pietre alta oltre un metro che sta costruendo... mi sorride appoggiando con cura le due lastre su quello splendido manufatto cilindrico: "Ciao... ecco mio omo!" dice in un Italiano stentato indicando il grande segnavia.
Ha 30/40 anni, è alto quanto me, oltre il metro e 80, ma nettamente più nerboruto; i suoi capelli sono rossastri, corti, e il suo sorriso è contagioso, ispira simpatia... ed è in maglietta, a 2700 metri di quota, con vento, nubi e non più di 0 gradi di temperatura!
Lo saluto e proseguo; in 10 minuti circa arrivo in vetta... quasi sbatto sulla croce che nella nebbia scorgo all'ultimo momento. Mi fermo per qualche secondo per riprendere fiato e inevitabilmente ripenso a quello strano personaggio, alla sua curiosa attività edificatoria in una giornata in cui già uno come me, in giro per queste creste dimenticate, sebbene coperto come se fosse al polo nord, pare un pazzo... che l'abbia solo immaginato a causa del clima e del passo troppo rapido che ha limitato l'afflusso di ossigeno al mio cervello?
Riparto per scendere e presto intravedo la colonna, ma non l'essere che oramai credo frutto della mia fantasia... e invece no, eccolo non troppo distante che sta salendo sulla ripida pietraia portando sottobraccio un enorme macigno lungo almeno un metro e largo 40/50 centimetri, con le due superfici maggiori quasi piatte, una specie di micidiale monolite naturale: sta procedendo verso la colonna ingobbito dal peso che regge, e sta accelerando il passo, quasi sincronizzandolo col mio... ma che intenzioni ha?
Arriviamo contemporaneamente al suo manufatto; lo guardo sorpreso e incuriosito mentre appoggia a terra la grande pietra e respira con un poco di affanno, poi capisco! "Omo vero... lì!" dice mentre allarga le braccia perpendicolarmente al tronco, e subito dopo indica il pilastro: quel gigantesco monolite rappresenta le braccia dell'ometto, e consapevole di riuscire a trasportarlo, ma di non poterlo issare all'altezza voluta, vuole approfittare della mia presenza, che lo aiuti a sollevarlo... ecco perché ha accelerato il passo salendo sul pendio detritico: non voleva che gli sfuggissi!
Tocca col palmo di una mano il macigno, poi la colonna, allarga nuovamente le braccia e sorride: "... vero omo!" Alzando un pollice gli comunico che ho compreso: "Ok... io lo tiro su di qua... spero di riuscirci!"
E pensare che settimanalmente mi alleno con pesi per mantenere un minimo di forma fisica, per tonificare i muscoli e poter arrampicare senza rischiare di volare ogni volta che le maniglie diventano più piccole e la parete quasi verticale... ho realmente temuto che il monolite diventasse la mia pietra tombale! Issarlo fino alla pancia non è stato troppo difficile, ma arrivare alle spalle invertendo il punto d'appoggio delle mani è risultato terribile... ero convinto di cedere e quando finalmente l'abbiamo appoggiato sulla colonna ho percepito un tremore prolungato ai muscoli delle braccia e delle spalle, che si è trasformato in una serie di brividi lungo la schiena.
"Ma quanto cazzo sei forte!!", sussurro mentre mi osserva visibilmente riconoscente e soddisfatto: "Ecco, ora vero omo!", risponde con le mani sui fianchi, già cercando attorno un "ciottolone" che possa rappresentare la testa dell'antropomorfo segnavia. Lo saluto con una pacca sul braccio (... come se l'avessi data su un blocco di granito...), che amichevolmente ricambia, e riprendo la discesa.
Ritrovo Lori e immediatamente partiamo per il ritorno. Il forte vento trasporta velocemente le nuvole e ogni tanto scopre la cresta della punta Val di Frane regalando anche splendidi scorci d'azzurro intenso; racconto del mio strano incontro e indico la cima della montagna scherzando su come una simile creatura possa essere lo yeti... in fondo non sta scritto da nessuna parte che debba obbligatoriamente essere ricoperto di lunghi peli e di carattere aggressivo... di certo il mio sorprendente amico è forte come un bisonte, perfettamente a proprio agio a 0° in alta montagna e si esprime come ci si aspetta che uno yeti possa fare!
"Ma è ancora lassù!", esclama Lori... mentre sto parlando ha estratto il binocolo dallo zaino e osserva la cresta oramai lontana approfittando di una momentanea ritirata delle nubi: "Eccolo, è vicino al grande "ometto" con braccia e testa, appena sotto alla cima... si riconosce bene anche da qua... guarda!"
"Alta valle Aurina e, in fondo, picco dei Tre Signori (salendo verso il passo dei Tauri)"
"Punta Val di Frane (dalla cresta ENE)"
"Punta Val di Frane: cima"
"Punta Val di Frane: croce sulla cima"
"Eissee (dalla cresta ENE della punta Val di Frane)"
"Windbachtal (dalla cresta ENE della punta Val di Frane)"
"Cresta ENE della punta Val di Frane, rifugio Vetta d'Italia e picco dei Tre Signori"
"Picco dei Tre Signori (salendo verso il passo dei Tauri)"
"Rifugio Vetta d'Italia e picco dei Tre Signori (salendo verso il passo dei Tauri)"
"Cresta e passo dei Tauri"
"Punta Val di Frane (salendo verso il passo dei Tauri)"
"Semprevivo fiorito" |