Campo speleologico del maggio 2003
Girano voci curiose su ciò che successe nella valle San Rufo alcuni anni fa, quando in un posto splendido si incontrarono e accamparono decine di speleologi umbri con altri provenienti da Forlì e da Malo (Vi). Io ricordo come tutto partì, ma quando ripresi conoscenza ero a casa, a 300 km di distanza, per cui non sono certo che i fatti raccontati siano realmente accaduti.
Arrivammo che già era montato il tendone-cucina-refettorio-sala operativa; sul fuoco bolliva il sugo, riempiva totalmente un'enorme pentola. Piantammo le tende e allestimmo una piccola dispensa con salumi e formaggi. Un provolone affumicato di oltre un chilo di peso fuggì rotolando giù per il pendio: riuscii ad affiancarlo dopo cento metri di corsa a perdifiato, lo feci accostare, lo catturai e per vendetta lo vivisezionai precludendogli così ogni ulteriore tentativo di evasione.
Andai in grotta: arrancai nella fessura, percorsi il ramo del Nocciolo, superai l'imbocco del pozzo Praga, una serie di salterelli, scivoli, caratteristici passaggi e raggiunsi l'Arco Naturale; dopo i traversi della galleria Nera scesi nel primo pozzo del ramo dell'Assassino, nei pressi dell'imbocco del Buiometro. Poi tornai perchè eravamo rimasti solo in due e non ero sicuro di riconoscere la strada giusta senza l'aiuto di Paolo e Pierluigi, speleologi ternani che ci avevano condotto fino all'arco e lentamente stavano uscendo. Nella notte rientrò la spedizione dei "duri", quelli che erano stati in una zona lontana e profonda della grotta per tentare una disostruzione. I ragazzi di Malo festeggiarono da Veneti l'impresa: la "sbronza" fu epica e i danni al tendone comune rimediabili con un paio di ore di lavoro.
Un giorno risalimmo la valle e arrivammo in cima al monte Pozzoni: il panorama verso i Sibillini era bellissimo. Percorsi la cresta ovest verso il valico della Forca toccando le varie cimette rocciose e tornai al campo; poi raggiunsi l'ingresso della grotta e da qui l'Orecchio (... ma si chiama realmente così?), una pittoresca rientranza che prima del crollo della volta era una caverna, un luogo magico protetto e isolato da pareti verticali, che ancora nasconde crepacci, bui pertugi, umide camerette e un cunicolo con qualche possibilità esplorativa. Continuai a salire cercando divertenti saltini rocciosi e nuovamente fui in cresta, ma più a sud, nei pressi della cima del monte Prato. C'è un'immensa dolina là sopra che dà un senso alla grande grotta sotto.
Giunse l'ultima sera, quella della festa, quella della catastrofe. La "filomena" fu rovinosa; toccò, è vero, livelli altissimi di dedizione, di spettacolarità, e mai più si eseguì una "filomena acrobatica" di tale spessore, tanto che oramai se ne parla solo in certe occasioni, con un senso di rispetto profondo, quasi idolatrando i partecipanti, tutti veri professionisti... fu rovinosa! Nulla rimase in piedi, le panche, le tavolate, i ripiani, tutto fu distrutto... un uragano... che permise però di smontare molto più velocemente il campo il giorno successivo. Fra l'altro si narra, probabilmente esagerando, che venni utilizzato come peso morto per sgonfiare i materassini.
"La cattura del provolone affumicato"
"Speleologo forlivese"
"In grotta"
"In grotta"
"In grotta"
"Cani da guardia a protezione del campo speleologico"
"Cime a sud del monte Pozzoni"
"Monte Pozzoni"
"Valle San Rufo"
"Ultima cena..."
"La filomena"
"La filomena acrobatica"
"L'uragano Filomena: prima tavolata in frantumi..." |