La grotta del Chiocchio (Perugia)
Ramo Principale: fino alla sala del Centenario (-320 circa)
Poche righe per descrivervi una gran bella grotta. Le butto giù ora, dopo più di un anno, perchè finalmente ho rivisto Luca Budassi, poderoso speleologo ternano, e davanti a un piatto di tagliatelle abbiamo deciso che è giunto il momento di tornare là dentro per "fare il fondo". Così mi è capitato di ripensare alla serata che precedette la prima escursione, alle eleganti verticali dell'abisso, alle persone che lo frequentano e al discorso lasciato in sospeso ai piedi del pozzo del Centenario.
Quel sabato ci incontrammo a Terni, come sempre a casa di Luca, 7 o 8 di Forlì, alcuni di loro e soprattutto un pericolosissimo elemento che non vedevo dal campo esplorativo di Cittareale del maggio 2003: Virgilio, un Narnese dalla simpatia travolgente, dalla chiacchiera ubriacante e dal brindisi anche. E' stato difficile tenerlo a distanza e a giudicare dalla pupilla opaca e dall'alito pestilenziale di alcuni di noi la mattina dopo, ritengo che non tutti ci siano riusciti.
Probabilmente non sarei in grado di riconoscere la strada che abbiamo fatto per raggiungere la grotta. Ricordo che siamo andati verso nord risalendo la valle del torrente Serra e che tenendoci a destra siamo arrivati al piccolo paese di Castagnacupa; più in là, purtroppo, le tenebre sono fitte... che abbia lasciato il segno anche su di me la serata passata in compagnia di Virgilio? Così copio spudoratamente dalla guida "Sopra e Sotto" del Gruppo Grotte Pipistrelli di Terni: "...proseguire a destra e in corrispondenza di una chiesetta, di nuovo a destra. Oltrepassato un fosso con una stretta curva a sinistra, quasi al termine di un tratto in ripida salita, si giunge ad un piazzale a sinistra in vista del paese di Catinelli...". Siamo sui colli a sud-ovest di Spoleto.
Un sentiero scende a sinistra costeggiando il bosco, poi vi si inoltra e porta in pochi minuti all'ingresso del Chiocchio, nel fosso dell'Andreone. Una volta dentro è impossibile sbagliare: una lunga galleria inclinata, senza deviazioni, precede una serie di pozzi perfettamente armati. Molto belli il pozzo Novello, 3 salti concatenati per un totale di oltre 40 metri, e il pozzo della Conta, alla base del quale abbandoniamo i devastati, i turisti e un valoroso manipolo di volontari in grado di riportarli fuori.
Continuando a scendere il percorso diventa più impegnativo: si alternano passaggi in un meandro a volte stretto, faticoso e bagnato, con brevi salti fastidiosi dall'attacco esposto. Finalmente un pozzo abbastanza alto, poi un altro, vicino, e un terzo di quasi 40 metri, il Centenario, maestoso, imponente, dove l'ambiente ipogeo pare dilatarsi improvviso, come in un'esplosione.
Qui ci fermiamo; al fondo mancano pochi metri in orizzontale e più di 150 in verticale. Non abbiamo corde e questa doveva essere solo una passeggiata per conoscere la parte superiore della grotta, per valutare la possibilità di utilizzarla nei corsi. Siamo già andati troppo avanti, i pozzi che seguono, laggiù, dove lo scivolo che ho sotto i piedi perde i contorni e si arrende alle tenebre, i Ciclopi, lo Gnu, l'Anatra resteranno misteriosi.
Mangiamo qualcosa e risaliamo. A metà strada incrociamo un eterogeneo gruppo di Speleologi Romani; uno di loro, Valerio, spara una raffica di foto che un mesetto dopo mi spedirà... grazie! In estate verranno a trovarci per un tour nei Gessi.
Siamo fuori. Non sarebbe troppo freddo, ma io, fradicio, rischio il congelamento: mi sono ignobilmente incastrato nell'unica fessura della grotta, che fra l'altro tutti hanno evitato mantenendosi più in alto, semi-sommerso in una pozza d'acqua fangosa profonda un paio di spanne. Guardo il rilievo e in quel punto trovo la strettoia dell'Affogato... vuoi vedere che ho scoperto come mai si chiama così?!
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