Antro del Corchia (Lucca): undicesima puntata
Campo interno nei rami di Valinor (permanenza in grotta: 38 ore)
Traversata classica: dalla buca di Eolo alla grotta turistica Dall'antro del Corchia (salone Manaresi) all'abisso Claude Fighiera (pozzo dei Titani) attraverso i rami di Valinor
02-03-04/10/2009
Programma: - dalla buca di Eolo al salone Manaresi - rami di Valinor: campo base nella 1a sala di Valinor, sala dei Venti, salone Nostradamus, galleria Derzu, pozzo dei Titani - ritorno con completamento della traversata classica: dal salone Manaresi ai pozzi della Lama e del Portello, alla grotta turistica.
Partecipanti: Matteo "Teo il Presidente", Fabione, Fabrizio "Bicio Omino Bianco", Matteo "Teo Giro dei Bar" dello Speleo Club Forlì, ed io, Gianluca, capo banda apolide
Partiamo da Forlì attorno alle 15 di venerdì, dopo aver riempito 6 giganteschi, ingombranti, orridi, sacchi. L'idea è quella di raggiungere il campo base di Valinor (dove soggiornare tranquillamente) e da qui muoverci verso l'abisso Claude Fighiera (buca del Cacciatore); prevediamo di tornare all'esterno la domenica mattina.
Alle 19 siamo alla pensione Vallechiara, dalla Piera per intenderci, e ceniamo; alle 22 ci fermiamo davanti alla buca di Eolo e per un attimo pensiamo ai pub, alle discoteche, semplicemente ai bar della Versilia... saremmo ancora in tempo...
Alcuni mesi fa arrivammo allo stesso campo base, nettamente più scarichi, e ho già descritto l'itinerario in una relazione precedente. Questa volta siamo più lenti (i sacchi nei meandri di Valinor sono come un'ancora attaccata ai coglioni...), ma finalmente ci accoglie la tendina rossa: sono le 5 di sabato, da 7 ore stiamo trascinando noi stessi e quei maledetti macigni gialli (in realtà quello di Fabione, immenso tanto che è difficile issarlo sulla testa per passarglielo nei vari saltini da superare, è rosso).
Facciamo colazione: un caffè, un the, due pastine, una fetta di pane... poi salame, grana, cioccolato, ancora un po' di the... insomma, un caotico pranzo "leggero", giusto per conciliare il sonno... Ci stendiamo nei sacchi a pelo all'interno della tendina e immediatamente ci rendiamo conto di cosa intendesse Davide, altro collega rimasto a casa, quando raccontava che lì avevano dormito in 12: 4 dentro e 8 fuori!! Fabione, come dice il nome, è enorme; io e Teo "il Presidente" rasentiamo gli 80 chili, "Omino Bianco" pare meno ingombrante, ma in realtà è "tamugno", mentre Teo "Giro dei Bar", molto più sottile, è cattivo come il veleno e combatte rudemente per lo spazio vitale... un casino apocalittico nonostante il quale, fra strepiti improvvisi, sordi brontolii, brutali cambi di posizione, un polverone degno di una tempesta nel deserto, tutti e 5 riapriamo gli occhi alle 11, relativamente riposati.
Ancora una colazione e alle 12 partiamo per il Fighiera. Un inquietante traverso con corda fissa sulla parete a sinistra ci permette di superare uno sprofondamento, l'impressionante pozzo Kilimangiaro. Continuiamo a salire tenendoci a sinistra; gli ambienti sono nettamente più grandi di quelli incontrati per arrivare al campo dal Manaresi. In una sala siamo costretti ad affrontare un passo esposto a sinistra (notiamo una corda in parete che porta chissà dove... nel rilievo la zona è appena accennata, tratteggiata), quindi a scendere per qualche metro. Ad una risalita di una decina di metri (corda fissa), ne segue una seconda a destra con la corda lesionata (striscia in più punti e occorre molta attenzione, delicatezza, per non danneggiarla ulteriormente). Ancora qualche minuto di cammino e sbuchiamo nella bella sala dei Venti.
Una nota: sono sempre presenti ometti e frecce nere che facilitano il riconoscimento del percorso; la corrente d'aria, poi, è spesso più che apprezzabile.
In questa sala individuiamo un ramo secondario a destra che parte con una fessurotta, ma a noi interessa l'evidente proseguimento a sinistra per prendere il quale passiamo a fianco di uno spettacolare blocco di marmo bianco lavorato e reso lucido dall'acqua. Risaliamo un pozzo (corda fissa) e una grande frana dove è facile perdere la direzione, ma altrettanto ritrovarla grazie ai tanti segnali, e arriviamo in un ambiente immenso, il salone Nostradamus: è impressionante, un enorme spazio vuoto all'interno della montagna a testimoniare colossali, antichi (speriamo...) crolli. Lo percorriamo in salita superando un facile gradino e giungiamo di fronte a una corda che dopo essere scesa per qualche metro, permettendo così di oltrepassare un pozzetto, parte decisa verso l'alto, nel vuoto, sparendo nel buio: è il bellissimo P28 che porta alla galleria Derzu.
In cima ci aspetta un traverso a sinistra un poco esposto, poi un gradino da risalire la cui corda fissa è rotta in almeno 4 punti... mai visto tanti nodi in così pochi metri!! La galleria successiva è semplice, in parte concrezionata, e se si escludono un paio di sprofondamenti vi si passeggia senza problemi. Curviamo a sinistra (andando dritto c'è un rametto che dovrebbe chiudersi dopo un centinaio di metri... così dice la relazione che ci ha guidato fin qui) e una scritta sul muro (Meinz) ci indica che siamo vicini alla meta. Lasciamo a sinistra un grande pozzo, o almeno ci sembrava tale prima di vedere quello di fronte a cui ci arrestiamo poco più in alto: siamo sull'orlo di una finestra e ai nostri piedi, davanti, sopra, c'è un baratro immenso... il pozzo dei Titani... non potevano scegliere un nome migliore per identificarlo perchè è impressionante, affascinante, bellissimo, e proprio qui capitò agli esploratori di unire il Corchia e il Fighiera, i due titani! Una corda permette di spostarsi un poco sulla parete a destra, verticale, liscia, compatta, poi piomba fino alla lontanissima base: sono le 17, siamo stanchi e decidiamo di rientrare. Alle 19 siamo al campo base.
Ci riposiamo per un'oretta durante la quale Fabione prova ad ucciderci tutti e 4 per motivi che non posso riferire (a momenti ci riesce, e non vorrei che ci riprovasse...) e Teo "il Presidente" per altri motivi irriferibili "sbudella" il sottotuta, nel senso che riesce a sfilare contemporaneamente i 3 cursori della cerniera; l'operazione di riparazione condotta da "Giro dei Bar" è talmente comica da rendere impossibile una descrizione esauriente, ma, incredibile a dirsi, grazie a un paio di pinze, uno di forbici, un nastrino recuperato chissà dove, buone dosi di fortuna, abilità manuale, ingegno, il risultato ottenuto è soddisfacente, quasi miracoloso. Il buco rimanente, dall'ombelico al fondoschiena, viene neutralizzato con l'accorgimento di indossare sul sottotuta i boxer neri di "Omino Bianco": in parole povere ci siamo ritrovati con un'abominevole copia di Batman, o Superman, o Nembo Kid, insomma uno dei tanti supereroi che girano con le mutande sul costume!!
Ore 20: tutti a tavola. Il menù: risotti alla zucca e ai porcini, cazzottini con olio e Simmental, salamini affumicati, grana padano, rimasugli vari, caffè, jagermeister. La festa: lustrini e cotillon, occhiali fosforescenti offerti da "Omino Bianco" che ci comunica una grande notizia... diventerà babbo... o meglio, la sua compagna diventerà mamma... Ore 21: tutti a nanna.
Sarà stata la fatica accumulata, sarà stato lo svuotamento della borraccia di jagermeister, ma nessuno di noi sente la sveglia puntata alle 3... Ci alziamo alle 4 di domenica, facciamo una colazione veloce con ciò che resta, riordiniamo la tendina, riempiamo i sacchi e alle 5.15 partiamo.
Alle 7.30 ci riposiamo per qualche minuto nel salone Manaresi, fuori dai rami di Valinor. Alle 8.30 incastriamo la corda per la doppia durante il recupero nel pozzo della Lama. Dopo vari tentativi, grazie alla determinazione e a una "genialata" di Teo "il Presidente" riusciamo a recuperarla. Alle 10 siamo in fondo al pozzo del Portello. Alle 11, dopo 38 ore circa, usciamo dall'ingresso artificiale della grotta turistica.
Per chiudere, un rapido commento: l'esperienza è stata splendida grazie all'interesse degli ambienti visitati e soprattutto al carattere, alla simpatia dei 4 animali con i quali mi è capitato di viverla. Per passare piacevolmente tante ore in simili condizioni, è importante che il gruppo sia composto da speleologi esperti, determinati e sufficientemente forti, ma è fondamentale che sia composto da amici.
Alcune foto sono di Fabrizio Bandini e Matteo Turci, dello Speleo Club Forlì |