E' curioso il destino dei Simple Minds: negli anni '80 insieme a U2 e Depeche Mode hanno rivoluzionato la storia della musica, per diverso tempo sono stati tranquillamente allo stesso livello (se non superiore) dei primi pubblicando canzoni splendide, inni travolgenti, album importanti fra i quali uno, "New Gold Dream (81-82-83-84)", di qualità eccezionale, un vero e proprio manifesto della new wave, eppure sono stati dimenticati da tanti nel decennio seguente e ignorati da tutti in quest'ultimo. Sono due i motivi di questa assurdità: in primo luogo la "sfortuna" di aver prodotto una musica simile e contemporanea a quella degli U2, una band fra le più grandi di sempre, l'aver pagato il confronto con gli stessi (è probabile che anche Jim Kerr, il cui talento è indiscutibile, abbia però risentito del dualismo fittizio con l'inarrivabile Bono, la necessità di dimostrare di essere al suo pari) e di conseguenza perso parte dell'identità e dell'ispirazione cercando strade differenti, e in secondo l'aver subito un successivo ostracismo dovuto alla cecità di chi propone in video e radio la musica e di chi si ferma ad ascoltare solo tali proposte. Mi spiego: ho l'impressione che il livello mediocre delle produzioni dei Simple Minds degli anni '90 abbia fatto dimenticare a chi di musica vive senza crearla, l'assoluto valore di quelle precedenti. Così tanti ragazzi ascoltano gruppi moderni, alcuni interessanti (i Killers, ad esempio), e neppure immaginano che quelle sonorità abbiano radici lontane, che traggano linfa vitale anche dalle melodie dei Simple Minds, che addirittura nel look e nel modo di proporsi i giovani componenti prendano spunto da loro, dai Depeche Mode, dai Cure o da band dello stesso periodo. Comunque sono decine i brani splendidi, travolgenti, affascinanti, che Kerr e soci possono presentare, e almeno 3 o 4 i loro album che devono assolutamente essere in una collezione... non credo siano poi tanti gli artisti per i quali ha senso dire la stessa cosa.
Quando un'ora e mezzo prima del concerto siamo entrati nel teatro Saschall di Firenze ci siamo spaventati: era vuoto! Lentamente ci siamo avvicinati al palco e appoggiati alla transenna, un po' malinconici. Poi il locale si è riempito, soprattutto di gente fra i 30 e 40 anni, e puntualmente la band è arrivata. Nelle due ore successive abbiamo ascoltato i pezzi del nuovo album, discreti, e un'impressionante serie di preziose magie, piccoli capolavori che arricchirono l'epopea musicale degli anni '80, quando al declino del punk seguì la fusione di elettronica e rock che dette origine alla new wave. Impossibile non lasciarsi trasportare da ritmo ed entusiasmo, pur nella consapevolezza che difficilmente potranno esserci oggi o in futuro movimenti tanto innovativi e creativi. Immutata è risultata l'energia della maggior parte dei brani: "Someone, Somewhere in Summertime", "New Gold Dream", "Alive And Kicking", "Don't You (Forget About Me)", "Mandela Day", solo per citare i più famosi. Affascinante, misteriosa invece l'atmosfera evocata con "Belfast Child".
Jim Kerr non mi è parso fisicamente in buona forma (... è ben più "cicciottello" di me!), ma lo sono in compenso, e non poco, le sue corde vocali: è ciò che conta, assieme alla sua ritrovata, evidente voglia di stare sul palco ed esibirsi. Apprezzabili sono state la chitarra (Burchill non è un funanbolo, ma ha uno stile personale e riesce a dare un'impronta precisa alle esecuzioni) e la potente batteria. E' sembrato notevole il basso per l'importanza in molti brani e l'impostazione data agli stessi, mentre non mi hanno convinto le tastiere, non per le capacità del musicista, ma perchè quest'ultimo non può o vuole riproporre i magnifici arabeschi di Mike McNeil, che dopo aver contribuito alla nascita e al successo del gruppo caratterizzandone nettamente le composizioni, lo lasciò all'inizio degli anni '90.
Alle nuove generazioni che ascoltano musica e non sono fossilizzate su un mediocre e artefatto pop americano, su un hip hop che ha perso la carica originaria e mostra spesso solo modelli ripetitivi, a coloro che hanno la curiosità di scoprire le basi sulle quali si fonda la parte più interessante del fenomeno "emo", semplicemente a chi apprezza ottime melodie e ottimi professionisti, consiglio di non perdere un futuro concerto dei Simple Minds anche se, in fondo, mi ha fatto comodo partecipare per una volta a un evento di tale rilievo senza aver rischiato di essere spazzato via da orde di giovani fans carichi di energia... |