Abisso Primo Peroni (Ravenna)
coordinate ED50: N 44°14'07,1" - E 11°44'00,5" quota: 211m slm
Per raggiungere la grotta occorre andare da Brisighella verso Riolo Terme. Si supera la località Manicomio, si ignora la deviazione a sinistra per il parco del Carnè e si prende quella successiva, stretta, che sempre a sinistra sale ripida (1,5km dopo il primo bivio, cartelli per Corolla delle Ginestre e Vespignano). Dopo 600 metri ci si immette in una pista a destra (indicazione per Castelnuovo), in parte dissestata, che ha a sinistra una piccola dolina piatta e a destra il grande imbuto in fondo al quale si apre l'abisso Peroni; alla biforcazione che subito si incontra ci si tiene a sinistra e si parcheggia nei pressi dell'ex-canonica. A piedi si torna indietro fino all'ultimo bivio, quindi si va a sinistra verso un casolare di fronte al quale è facile scendere a destra nella dolina.
Si tratta certamente di una delle grotte più importanti della Vena del Gesso Romagnola, per la dimensione e soprattutto perchè ha un certo numero di notevoli peculiarità. Vi troveremo infatti un pozzo profondo quasi 40 metri e un enorme salone di crollo, piuttosto rari in una roccia come il gesso, una grande sala inclinata, un torrente, una dolina interna, un passaggio sifonante forzato, un altro intatto e una rilevante quantità di concrezioni.
- Uno scivolo franoso e non troppo comodo precede l'imponente P38. Serve una corda da 60 metri per arrivare sul fondo; il primo attacco è all'esterno, all'inizio del cunicolo discendente, poi subito sotto c'è il principale. La particolare conformazione dell'ingresso fa sì che il pozzo scarichi, soprattutto nello strisciare per accedervi o uscirne, per cui occorre prudenza nell'affrontarlo.
- Si atterra nell'alveo del torrente. Da qui sono 4 i rami che è possibile seguire, e proverò a descriverli, ma consiglio di portare con voi un buon rilievo (reperibile su internet o presso i gruppi della zona) per sfruttare meglio le mie indicazioni e orientarsi con maggiore facilità. Distinguiamo intanto una zona attiva e una fossile: nella prima si va verso monte, risalendo il corso d'acqua, o verso valle; nella seconda si visitano il ramo a monte in una direzione, o il grande salone e la dolina fossile in quella opposta.
- Zona fossile, ramo a monte: percorsi pochi metri controcorrente superiamo un breve scivolo sulla destra idrografica del torrente e ci teniamo a destra in una sala allungata dall'aspetto imponente. Riusciamo a visitarla per 50 metri prima di fermarci di fronte a una frana (in realtà si può proseguire per poco in cunicoli insignificanti). Retrocedendo notiamo che sulla sinistra è relativamente semplice risalire per una decina di metri e avvicinarci così al soffitto: ci muoviamo con un po' di prudenza a quell'altezza su cengette ed enormi massi fino ad avvistare la corda che scende dal P38, ma soprattutto a rimanere sorpresi al cospetto del gran numero di belle stalattiti che orna alcune superfici (nei Gessi Romagnoli sono una rarità).
- Zona fossile, verso il salone e la dolina interna: risaliamo lo stesso scivolo sulla destra idrografica del torrente, ma ignoriamo il salone allungato a destra per individuare a sinistra lo scomodo passaggio che ci permette di guadagnare qualche metro di quota: si tratta di un saltino elicoidale con una facile fessura in alto. Pochi passi e scendiamo a destra in una piccola galleria; in breve entriamo in una camera di notevoli dimensioni delimitata a sinistra da una compatta parete con eleganti scanalature verticali e ricoperta di brillanti, delicatissimi, cristalli di gesso. Un consiglio: voltatevi spesso e osservate i pertugi dai quali passate, perchè in alcune aree del Peroni non è così banale ritrovarli al ritorno (comunque in giro ci sono vari ometti, frecce, sculturine di fango)! Questo ambiente, già di per sè piuttosto ampio, è in realtà solo la prima parte di un enorme spazio vuoto chiamato nel suo insieme "Saloni Fossili"; proseguiamo risalendo uno scivolo reso infido dal guano e scopriamo la grande sala originata da un crollo immane. Vi giriamo tranquillamente passando da un macigno all'altro, facendo però attenzione ai profondi buchi presenti e al fatto che il luogo caotico favorisce la perdita dell'orientamento. Nel punto più alto, su un masso ciclopico, troviamo un "ometto". E' impossibile indicare ora con precisione come procedere: manteniamo all'incirca la stessa direzione scendendo appena e tornando a salire subito dopo, e guidati da altri "ometti" superiamo un passaggio esposto fino a entrare in una bassa camera dove il fondo di terriccio e fango, sopportabile, ci segnala che siamo in una zona dalle caratteristiche differenti dalla precedente. Anche qui capita di girare a vuoto, infilarsi in sale e cunicolotti che presto si chiudono (con un po' di fortuna si riesce a individuare un'altra viuzza che riporta al salone di crollo), e anche qui mucchietti di pietre, evidenti scivolate, statuette di fango aiutano a riconoscere la giusta strada. Ci teniamo a sinistra e raggiungiamo l'orlo dell'inquietante dolina interna: con una corda da 15 metri scendiamo, superiamo uno scomodo passaggio in frana, ma sotto ci fermiamo in un meandrino serpeggiante che tende irrimediabilmente a stringersi... da notare che in questo buco il fango scherza meno... Dalla dolina possiamo seguire due rametti di mediocre interesse: aldilà della stessa troviamo un cunicolo in leggera ascesa che dopo una trentina di metri risulta tappato (proprio sopra a questo punto esisteva il pozzo di Ca' Torre, a cielo aperto che fu probabilmente "aiutato" ad ostruirsi dal proprietario del fondo agricolo); tenendosi invece a sinistra della dolina e scendendo appena lungo una fratturotta franosa, si entra nella bassa galleria che porta a due pozzetti,P5 e P7, separati da un terrazzo e concatenabili facilmente con 30 metri di corda. La camera alla base del secondo non offre prosecuzioni; allettante era invece per noi la risalita del camino sopra al primo (in parete c'è anche un cunicolo che permette di accedere a una angusta zona franosa): l'abbiamo portata a termine nell'ultima uscita effettuata, ma purtroppo a una quindicina di metri d'altezza l'esplorazione si è interrotta in una stanzetta fangosa senza sbocchi umanamente percorribili.
- Zona attiva, a valle (verso la grotta risorgente del Rio Cavinale): seguiamo camminando il corso del torrente e dopo 20/30 metri lo lasciamo per salire a sinistra ed accedere così nella grande sala Inclinata. Un passaggio a destra consente di tornare al livello di base, mentre dalla zona alta è suggestiva la vista delle luci lontane dei compagni d'avventura. Completata la visita a questo ambiente di rilevante interesse, scendiamo al punto in cui avevamo deviato, e continuiamo verso valle attraverso un evidente foro. Il meandrino lungo cui scorre l'acqua è moderatamente stretto; dopo una curva a destra saliamo per un paio di metri e affrontiamo una scomodo laminatoio, quindi scendiamo a destra con un po' di attenzione. Questo tratto del percorso non è facilmente riconoscibile; occorre più avanti risalire uno scivolotto fangoso, poi deviare a sinistra per scendere di nuovo, definitivamente, nel letto del torrente. Proseguiamo in un piccolo meandro che ci costringe a infilare spesso i piedi nell'acqua, e ci fermiamo davanti a una pozza oltre la quale una cortina di splendide stalattiti scure protegge l'impercorribile cunicolo, lungo pochi metri, che collega l'abisso Peroni alla grotta risorgente del Rio Cavinale. Basterebbe poco per allargare il pertugio, ma sarebbe necessario, e piuttosto stupido, distruggere le concrezioni che, "purtroppo", hanno scelto proprioquesto posto per crescere. Nei pressi della sala Inclinata è stato risalito il notevole camino Cazzarola, appena più avanti il camino Primerano.
- Zona attiva, a monte (verso l'abisso Mornig): per accedervi occorre immettersi per qualche metro nel ramo fossile a monte e qui individuare il buco a destra che permette di tornare sul torrente. Camminiamo nel corso d'acqua, poi vi strisciamo "piacevolmente" a fianco e presto ci fermiamo di fronte a un basso passaggio, ad occhio lungo qualche metro, in cui è obbligatorio immergersi quasi totalmente: si tratta di un ex-sifone il cui livello è stato abbassato artificialmente. Per andare oltre (la grotta prosegue, mi dicono con vasche concrezionate piuttosto belle, per quasi 200 metri fino ad arrivare al laminatoio impercorribile che la separa dall'abisso Mornig) serve la muta, o almeno prevedere un cambio per evitare di congelarsi, soprattutto in attesa di risalire poi il P38 che ci separa dall'uscita. Prossimamente ci organizzeremo per visitare quest'ultimo ramo, e vi racconterò. Lascio ora la tastiera a un collega speleologo dello Speleo Club Forlì, che ha voglia di narrare l'avventura vissuta qualche giorno fa, durante l'ultima visita di gruppo alla grotta in questione.
Abisso Peroni - storia di non ordinaria follia (di Gabriele "maio" Rosetti)
Personaggi e interpreti nel ruolo di se stessi: Teo il Presidente (capo squadra), Biscotto, Biscotta, Fiumi, Elvis, Omino Bianco, Fabione, Carboni, Lorena e Maio.
Ci sono giorni che quando si concludono positivamente diventano belle storie, forse a tratti incredibili, un intreccio di coincidenze che solo una mente superiore o una mente malata potrebbero architettare. In cui se anche un solo piccolo particolare non fosse capitato sarebbe stato un giorno come altri, oppure una tragedia. Eppure accadono, e ne abbiamo le prove.
Procediamo con ordine. Teo il Presidente invia un sms il primo dell’anno avvisando di una uscita al Peroni per il 2 gennaio, appuntamento alle ore 11, puntuali, in Sede: rispondono in 3, ma ci presentiamo in 7! Per la precisione Biscotta, Biscotto, Elvis, Fiumi, Fabione, Omino Bianco ed io (Maio), ognuno con una motivazione propria, io ad esempio mi sono svegliato un’oretta prima e non avendo nulla di meglio da fare mi sono presentato in fretta e furia senza avvertire, tanto è solo una passeggiata post bagordi natalizi, anche Fabione si era presentato decidendo quel giorno stesso. Alla Sede però si trova anche Carboni, ma non per venire in grotta, anzi per fregare un po’ di gente a Teo per portarli ad UnPiNeFo. C’era anche quasi riuscito...
Il gruppo scalcagnato, sistemate le attrezzature, parte: Teo, Elvis ed io col furgone, Fabione, Omino e Fiumi nell'auto del primo, e i Biscotti con la loro.
Frugale colazione a Brisighella e via al Peroni; è una bella giornata, anche se non lo sarebbe stato per molto. La prima squadra d’armo, Teo, Fiumi e Biscotto, si avviano; noi altri ce la prendiamo comoda. Conoscendo le previsioni del tempo teniamo a portata di mano un ombrello. Abbiamo parcheggiato davanti al Mornig perchè il contadino non ha piacere di avere speleo dalle sue parti. In sè per sè il Peroni è una grotta carina. Abbiamo in programma una visita di qualche ora, motivata dalla voglia di tentare una risalita in artificiale in un punto indicato nel rilievo come chiuso, ma in 8 i tempi inevitabilmente si allungheranno. Mentre attendiamo di scendere anche noi verso la dolina sentiamo chicchi cadere a terra, una breve grandinata, solo pochi minuti, ma era il presagio che le previsioni del tempo... neve... forse non erano così insensate.
Partiamo anche noi, con calma, mentre la grandine diventa pioggia, sperando che gli altri intanto abbiano concluso l’armo della grotta, e invece quando arriviamo troviamo tutti ancora lì al primo pozzo. Ci accampiamo come uomini primitivi sotto l’ingresso a ripararci da quello che intanto era diventato un temporale con tuoni e fulmini. Finalmente l’armo termina, i primi scendono; ora tocca a Fabione e come capita spesso le comunicazioni sono difficoltose, non si sente bene. A me sembra che uno sbatacchiare di ammennicoli metallici provenga da dietro, dalla dolina, e poi anche una voce... ma che altri svitati siano venuti proprio oggi, 2 gennaio, al Peroni, mi chiedo.
Ci troviamo invece Lorena e Carboni che volevano farci una sorpresa. E prima di noi la sorpresa è stata per Carboni! Rientrato a casa Lorena si era svegliata con la voglia di venire in grotta, ECCO CHI HA FATTO NEVICARE!!! Guidata da chissà quale annunciazione, quale buona stella o quale santo protettore degli speleologi ha fatto sì che le bastasse dire di voler venire anche lei al Peroni che Carboni non ha potuto dirle di no: nonostante sia brava e agilissima queste voglie di grotta le vengono un paio di volte l’anno! Si preparano velocemente, Lorena lascia il cellulare a casa, tanto è poco più di una passeggiata.
Noi intanto lasciamo poco fuori l’ingresso la bottiglia di Malvasia per festeggiare insieme poi all’uscita. Uno alla volta scendiamo, l’ingresso scarica parecchi sassi, e per fortuna che Teo & C. tempo prima avevano demolito un masso che occludeva la parte alta del pozzo... fuori nella dolina si vedono i resti del macigno. La grotta mi sembra più larga di quando venni l’ultima volta, o ricordo male, oppure Fabione sceso prima di me l’ha allargata per muoversi più agevolmente.
Fabione, detto Big Jym, all’anagrafe Giuseppe (ma penso che lo sappiano in pochi), è una massa di forza superiore a quanto si può dedurre vedendolo, e già l'aspetto spaventerebbe la maggior parte della gente che se lo trova di fronte... per fortuna è buono e se si arrabbia lo fa con il sorriso, probabilmente chi lo ha visto veramente arrabbiato non ha mai potuto raccontarlo! E’ il mio turno, prima due corrimano, poi il primo frazionamento, le orecchie di coniglio, un altro frazionamento, un deviatore, l’ultimo frazionamento e sono nel fondo; trovo un capannello di gente a chiacchierare, "ma Teo, non eri venuto per lavorare?!?!". Arrivano Lorena e Carboni, tutti insieme si parte per trovare il punto della risalita da fare. Teo parte non preoccupandosi di portarsi trapano e corde... ci pensiamo Carboni ed io a ricordarglielo e Fiumi a portargli il sacco... ognuno di noi ha il suo compito allo Speleo: chi lavora di braccia e chi di concetto! Per questo siamo un bel gruppo, siamo indispensabili l’un altro...
Il terzo gruppo, anche questo indispensabile, sono i veterinari: ne abbiamo ben quattro nel gruppo, ma ancora non sono riusciti a curare tutti! Dalla base del pozzo (non sostarci sotto, scarica parecchio!!), bisogna spostarsi di pochi metri nella direzione di afflusso dell’acqua; da qui tenendosi a sinistra si sale facendo un po’ di contorcimenti, si attraversano ampi saloni nella zona dei rami fossili, verso la dolina interna: vi guideranno una serie di omini di pietra e non solo, ai bordi di un masso che sovrasta la dolina troverete un simpatico ometto di fango opera di Omino Bianco e Fabione, vicino la Sacra famiglia e sovrastante un grande pupazzo di neve, tutti rigorosamente di fango. Proseguendo si va verso la zona della risalita; il posto a disposizione è poco per cui mentre Teo, Fiumi e Elvis lavorano, noi altri oltre a realizzare le sculture sopra citate ci dirigiamo verso i rami della sala Inclinata, dove con attenzione si possono scorgere bellissimi blocchi di gesso incastonato nella roccia, e troverete una fantastica iguana di autore ignoto.
Altri ambienti molto belli si trovano sempre seguendo l’orografia del fiume, ma per questo le parole non sono sufficienti, demandiamo alle foto il compito di convincervi di visitare la grotta. Il tempo di risalita è stimabile in 15 minuti a testa: siamo in 10, i conti sono semplici, meglio cominciare a salire. Partono i Biscotti, sono circa le 18.00, intanto noi in attesa anche del ritorno dei lavoratori creiamo un’altra scultura, una basilica (San Mercuriale negli intenti) nella saletta di fianco alla base del pozzo d’ingresso. Ci scontriamo con difficoltà di statica nel realizzare il campanile... lo perfezioneremo la prossima volta.
Si avviano Lorena e Carboni, segue il nostro Big Jym. Mentre i Biscotti sono già fuori e presumibilmente pronti per partire una esclamazione di Fabione fa sorgere un primo sospetto a Lorena: le chiavi del furgone di Teo non sono dove le avevamo lasciate entrando. Mentre Lorena e Carboni a Castelnuovo si cambiano, Fabione tenta invano di trovare intorno al furgone le chiavi. Le condizioni esterne intanto sono mutate: ha nevicato e sta continuando a farlo, fiocchi enormi e leggeri, per terra la neve è morbidissima e la temperatura è scesa notevolmente... per fortuna non tira vento. Le orme che si lasciano sulla neve svaniscono dopo pochi minuti.
Chi sale da il libera alle "orecchie", ma chi è giù aspetta altri 5 minuti prima di salire su corda, dando il tempo di passare la parte più dura, l’uscita dal primo pozzo e la risalita del budello inclinato che scarica. Chi è fuori aspetta che sia arrivato chi lo seguiva e si avvia a cambiarsi, o almeno così doveva essere. Io esco e Fiumi è li fuori, gli do l’ok per partire, ma non senza farci un bicchierino di Malvasia. Lo spettacolo è molto bello, ma uscire dalla dolina meno: già è stato complicato scendere per via del fango, ora la neve e la stanchezza non aiutano. Dietro di me sta risalendo Elvis, doveva disarmare, ma oramai era tardi e doveva avvisare i suoi di non allarmarsi per via del ritardo. Quando esce aspetto che si riposi un attimo e che la mano destra torni funzionante.
Gli ultimi due, Teo e Omino, gli hanno dato il permesso di avviarci... sanno badare a loro stessi. Al chiarore di luna, senza bisogno dei led, a fatica scaliamo la dolina; abbiamo il sacco d’armo e il trapano. Prendiamo la scorciatoia e in poco siamo al furgone, dove troviamo tutti fuori dalle macchine in piedi... anche noi abbiamo un presagio, c’è qualcosa che non va... forse è colpa della neve pensiamo. Ci accolgono Fabione, agitato e dunque pericoloso, Fiumi che ci racconta di aver sbagliato sentiero e di essersi ritrovato (erano le 21.30) nell’aia del contadino fra cani che abbaiavano e il contadino stesso che voleva sparargli. Carboni ci spiega il motivo della situazione: siamo senza chiavi del furgone! Le chiavi della macchina di Fabione sono lì dentro come anche tutti i cellulari, la roba asciutta. Solo Carboni è dotato di cellulare, ma non ha i numeri di nessuna delle mogli/morose di noialtri e neppure dei Biscotti per chiedergli di controllare se le chiavi le hanno prese su inavvertitamente loro.
Comincia una serie di telefonate a tutti gli speleo, Alex, Collina e da loro a un’altra decina di persone. Chi si ricorda il numero chiama casa e tranquillizza, oramai sono le 22.00 e dovevamo essere di ritorno da parecchio. Finalmente ci comunicano il numero di Biscotto... proviamo... irraggiungibile... NOOOOO!!!!!!!! Da Forlì Alex e Collina sono pronti in attesa di un avviso per venire a portarci una copia delle chiavi. Si fanno le più disparate congetture: Carboni propone di portarci in macchina, tre alla volta al bar per scaldarci... ovviamente, non potendo salire infangati nella jeep, ci porterebbe là scalzi e solo con il sottotuta... Qualcuno propone di passare l’inverno dal contadino, dopo aver evitato le fucilate e averlo soppresso...
Per far sbollire Fabione lo porto giù fino alla strada principale per verificare le condizioni della neve, soprattutto nell’ultima curva, quella con più pendenza. Mentre aspettiamo sotto la nave, girovagando in un inutile e assurdo tentativo di trovare magicamente le chiavi da qualche parte intorno al furgone, arrivano anche Omino e Teo. Intanto la rete di telefonate da i suoi frutti: i Biscotti sono stati informati e sono già in macchina per arrivare a Brisighella, Carboni parte per recuperare le chiavi al bar. Intanto noi siamo ancora tutti sotto la neve, al freddo, in attesa. Teo ritenta per l’ennesima volta se il furgone fosse aperto, e, non sappiamo ancora come, ha sbloccato il portellone dietro. Giubilo! Almeno possiamo cambiarci!
Quando arrivano Carboni e Lorena noi siamo dentro, tutti con il cellulare in mano a chiamare mogli/morose/mamme per spiegare il ritardo clamoroso, chi per paura di rimanere chiuso fuori di casa, chi per il rischio di tornare single. Al bar recuperiamo i Biscotti dispiaciuti e visibilmente affranti. Ci fiondiamo a Faenza alla “lucciola” per cenare... eravamo a digiuno da un bel po’ di tempo!!! Svuotiamo il baracchino, pizza, piadine, crescioni, hamburger, bruschette, contorni fritti vari, così passano il freddo e la tensione! La cena di quasi mezzanotte trascorre scherzando sull’avventura vissuta e di come tante piccole cose si siano incrociate: abbiamo perso almeno due ore senza poter tranquillizzare a casa perché i telefoni erano chiusi nel furgone, Lorena che ha i numeri di tutti ieri il cellulare non l’ha proprio portato, quella voglia di grotta e di farci una sorpresa, la neve che se fosse aumentata ancora ci avrebbe bloccati lassù, il portachiavi del furgone di Teo, uguale a quello dei Biscotti che prendendo su le chiavi non si sono accorti che c’erano anche quelle del furgone, il fatto che loro sono andati via prima che uno di noi altri uscisse notando la mancanza delle chiavi, l’ordine di uscita dalla grotta... se Biscotta fosse stata seguita subito da Fabione tutto ciò non sarebbe successo, se non fosse nevicato non ci saremmo quasi congelati, se avessimo lasciato le chiavi da un’altra parte... se, se, se... Se fossimo furbi forse chiuderemmo lo Speleo e ci trasferiremmo alla bocciofila a fianco della Sede o faremmo un corso per sommelier!
Mentre scrivo la relazione c’è un sole bellissimo, poche e innocue nuvole, davanti al pc cazzeggiando fra contatti facebook e riguardandomi i filmati dal sito di Teo, sembrano lontani anni luce il freddo di 10 ore fa e la neve, bloccati in uno stradello senza traffico e limitando le telefonate per non scaricare la batteria dell'unico cellulare. Grazie a Lorena e chi le ha fatto venire voglia di venire in grotta proprio quel giorno...
Alcune foto sono di Fabrizio Bandini, dello Speleo Club Forlì |