Grotte nel vallone tettonico a ovest di Bagnolo (Forlì-Cesena)
Oggi dobbiamo provare a rintracciare un paio di anfratti (grotta del Cane e grotta della Scala) catastati molti anni fa e dimenticati da tutti, tranne che dal responsabile del Catasto delle Grotte dell'Emilia Romagna. Seguendo le coordinate, fra i pochi dati che conosciamo, abbiamo riscoperto uno spettacolare, selvaggio vallone nello "spungone", di chiarissime origini tettoniche. Si tratta di una grande spaccatura lunga 200/250 metri, con pareti verticali alte 10/15 metri, invasa da ciclopici massi e tenacissimi rovi. Ovunque si aprono fratture, piccoli canyon e pericolosi sprofondamenti fra macigni, ovunque si trovano grotticelle tettoniche estremamente instabili, alcune hanno uno sviluppo di ben oltre i venti metri... in pratica siamo finiti in un immenso, affascinante, caotico ambiente dove la natura domina indisturbata, incontrastata, il tutto a due passi dalla città.
Per arrivarvi occorre seguire da Castrocaro Terme la strada che porta a Bagnolo, la stessa che passa a monte della rocca. Si superano la palestra di roccia e il poggio con la chiesa, quindi ci si tiene a destra in un bivio (indicazione per Sentiero del Santo). Raggiunto il crinale si rasenta un agriturismo (Monte Valbelle) con un allevamento di cavalli e dopo una curva a destra, quando il fondo diventa sterrato, si parcheggia in un piccolo spiazzo. Non esiste un sentiero per entrare nella gola, ma per avvicinarvisi conviene tornare indietro fino all'evidente recinto per cavalli, che in tal modo si trova a sinistra, e prendere subito dopo la traccia che vi passa a fianco. Quando in basso a destra si notano le prime pareti rocciose, si scende e ci si arresta di fronte al micidiale muro di rovi che protegge l'ingresso. Qui inizia l'avventura: vi consiglio pazienza, prudenza (molta), abiti resistenti e ai quali non tenete troppo, un machete, e soprattutto di scegliere l'inverno per l'escursione (non riesco a immaginare quanto la vegetazione ostile e rigogliosa, il caldo, serpenti e insetti, e chissà cos'altro, possano rendere brutale l'esperienza... non a caso la zona è chiamata "l'Inferno" da alcuni che la conoscono...).
Le grotte teoricamente rilevabili sono numerose, tettoniche, in frana e sotto gli enormi massi, caratterizzate spesso dalla presenza di incredibili radici che penetrano in profondità e paiono grossi cavi tesi con infinite millimetriche ramificazioni, sarebbe tuttavia assurdo, e troppo pericoloso, prenderle tutte in considerazione (ne abbiamo visitate una decina), per cui concentreremo il lavoro sulle 3 o 4 di dimensioni superiori ai 30 metri, fra le quali abbiamo riconosciuto le 2 che inizialmente cercavamo.
Alcune foto sono di Fabrizio Bandini e Francesco Ventimiglia, dello Speleo Club Forlì |