Grotta Giovanni Leoncavallo (Ravenna)
coordinate ED50: N 44°13'42,2" - E 11°45'38,6" quota: 228m slm
Si sale da Brisighella lungo la strada per Riolo Terme, la stessa che rasenta la rocca, e dopo aver raggiunto il panoramico crinale si parcheggia nella terza piazzola a destra. Pochi metri a valle di questa si segue a sinistra l'evidente sterrata. Si oltrepassa un pozzetto recintato (buco Anna) e ci si immette a destra nel sentierino delimitato da un corrimano metallico, che cala blandamente fino a un pianoro con un rustico cabinotto; lo si attraversa e per breve, ripida traccia infrascata si scende in un frutteto in piano aldilà del quale si nota una grande quercia col tronco coperto da rampicanti: la piccola dolina che ci interessa è lì sotto, e per accedervi occorre aggirarla... in tutto si cammina per 5 minuti.
I primi 20/30 metri di grotta possono per vari motivi dare qualche problema, soprattutto a speleologi non esperti o troppo "ingombranti", poi l'ambiente diventa più spazioso e piuttosto bello. Alcuni passaggi in arrampicata non sono banali e contribuiscono a rendere di media difficoltà la visita.
La grotta Giovanni Leoncavallo è collegata alla grotta di Alien (più impegnativa), per cui è possibile una selettiva e affascinante traversata, ad oggi però manca la corda che permette di salire dal sifone della seconda verso il ramo attivo della prima (P5).
- Un pozzetto precede un ripido, fastidioso scivolo di terra e fango che in basso diventa verticale: scendiamo (e uscendo risaliremo, con qualche imprecazione...) in libera, può tuttavia essere d'aiuto una corda da 20 metri fissata al chiodo presente all'esterno. Il cunicolo che segue non è esageratamente stretto, ma noi l'abbiamo trovato allagato per almeno 3 metri: circa 20/30 cm di aria sopra, nel punto più alto, e altrettanti di acqua sotto... è così risultato inquietante all'impatto, soprattutto per il volontario che ne ha sperimentato la percorribilità, tanto che due componenti del gruppo hanno preferito rinunciare, e fastidioso nei 15 minuti successivi, quelli necessari per asciugarsi un poco e far passare il freddo. A mio parere per una ripetizione è consigliabile evitare periodi particolarmente piovosi o caratterizzati dallo scioglimento di neve.
- Completa la sgradita ouverture il P3 successivo, che si affronta in libera: scendiamo subito, appena si apre la fessura inizialmente larga come il mio torace, e al ritorno risaliremo un paio di metri a valle della stessa, sfruttando in tal modo un provvidenziale terrazzino e una strettoietta nettamente più comoda (passaggio aereo, esposto).
- Per giungere qui la difficoltà è discreta, tanto che da ora in avanti sembra d'andare a passeggio! Un meandrino sbuca in una tranquilla galleria; la diramazione a sinistra è ampia, invitante, ma presto si chiude. Procediamo senza problemi fino a una risalita (R8, corda fissa) sotto alla quale un budello diventa impercorribile dopo una quindicina di metri.
- Un grande meandro, bello, piacevole, ci porta al Trivio; in questa zona ci sono vari brevi rami e per proseguire sulla via principale scendiamo a sinistra (corda fissa, semplice anche in libera). Qualche passo per trovarci ad un paio di metri d'altezza, crescente avanzando, sopra alla base del meandro: occorre calarsi in contrapposizione con un po' di prudenza, ed è possibile farlo in due o tre punti differenti (la risalita al ritorno sarà meno complessa del previsto; un buon punto per cambiare livello è nei pressi di un evidente masso incastrato).
- Siamo ora sul torrentello che aldilà di un basso passaggio si infila a destra in un cunicolo subito impercorribile; questo luogo, la Mandibola, prende il nome dalla curiosa forma di una lama di gesso. Davanti a noi c'è un breve e stretto scivolotto in salita che risulta essere più facile da superare di quanto paia a prima vista.
- Nella cameretta successiva arrampichiamo per 3 metri circa (corda fissa, affrontabile anche in libera), transitiamo in un angusto corridoio ed entriamo in una spaziosa, confortevole, asciutta sala allungata. Lasciamo quest'ultima dopo qualche minuto di relax (l'inaspettata comodità dell'ambiente rende impossibile resistere alla tentazione di riposarsi un attimo) e scivoliamo in un sorprendente, caratteristico Toboga fino al piccolo imbocco di un pozzo (P5, corda fissa).
- Atterriamo nell'alveo di un fiumiciattolo; seguendolo verso monte arriviamo in un'ampia sala con un notevole riempimento di sabbia e fango. Andiamo oltre, ci abbassiamo, strisciamo, infine siamo costretti ad arrestarci quando il cunicolo diventa umanamente improponibile: l'acqua fredda che ci sta bagnando proviene dal fondo della grotta Rosa Saviotti, che in questo momento si trova a qualche decina di metri da noi.
- Retrocediamo e senza possibilità d'errore ci dirigiamo verso valle in uno splendido meandro con anse eleganti dalle pareti perfettamente lisce e scenografiche croste di concrezione alla base; percorriamo un tratto a carponi, poi camminiamo a lungo sparando raffiche di fotografie. Quando il torrente scompare in un budello che non consente avanzamenti significativi, risaliamo a sinistra uno scivolo fangoso... da un po' di tempo stiamo avvertendo una distinta corrente d'aria: è il respiro di Alien...
- Oltrepassiamo una camera, proseguiamo in un cunicolo, superiamo infine la strettoia in curva e salita (disostruzione) che segna il confine fra le due grotte: stiamo lasciando il Leoncavallo e a vent'anni di distanza dall'ultima volta sto rientrando in Alien!
- Torniamo ad alzarci in un meandro bellissimo, anche se scomodo per qualche metro, che propone uno spettacolare oblò nella sottile parete rocciosa di separazione fra il segmento che precede e quello che segue una delle anse. Al bivio scendiamo, ma subito ci fermiamo in una camera fangosa con un sifoncino. Retrocediamo allora e risaliamo lo scivolo che abbiamo davanti, avanzando però per poco, fino a quando cioè siamo costretti alla resa definitiva a causa dell'assenza di una corda fissa nel P5 che avrebbe permesso di calarci alla base della gola dove placido attende il sifone di Alien.
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