Grotta Nuova di Villanova (Udine)
- Si sviluppa nel sottosuolo del borgo di Villanova, 25 km a nord di Udine, in una zona carsica di notevole interesse e bellezza. Ha 3 ingressi: quello a pozzo tramite il quale venne scoperta nel giardino di una casa, attualmente ostruito, e i due artificiali; il primo di questi, storico, si trova nel centro del paese mentre il secondo, aperto nel 1984 e utilizzato per le visite turistiche, è appena a valle dello stesso.
- Noi siamo capitati quassù grazie alla gentilezza e alla disponibilità di Sandro Sedran, speleologo e fotografo di Dolo, che vi ha organizzato un'escursione del suo gruppo CAI; Sandro e Simona sono nostri amici, preziosi, da vari anni. Questa è stata una piacevolissima occasione per rivedere anche alcuni loro colleghi, altrettanto simpatici, che non incontravo dai tempi di un gelido raid (quando uscimmo, fradici, la temperatura sfiorava i -10°...) al buso della Pisatela.
- La grotta è a tratti splendida, sempre di grande interesse, tuttora in fase di esplorazione, e si è formata nella zona di contatto fra due banchi di roccia differente, uno di Flysch calcarenitico e l'altro di Flysch marnoso-arenaceo. Supera gli 8 km di sviluppo e si avvicina ai 300 metri di profondità.
- Una descrizione dettagliata del percorso si trova nel sito www.grottedivillanova.it, per cui in questa breve relazione mi limiterò a elencare le zone visitate completando il tutto con alcune valutazioni ed impressioni personali.
- Entriamo dall'ingresso storico artificiale, a poche decine di metri dalla chiesetta di Villanova. Una galleria discendente ci porta alla sala del Pozzo; approfittiamo del lento adattamento all'ambiente ipogeo dei tanti partecipanti all'escursione per fare un giretto nel ramo Battisti. Lasciamo poi a sinistra il ramo della Vigna (piuttosto esteso... speriamo di poterlo visitare in un'occasione futura...), ignoriamo a malincuore a destra il semplice ramo dei Salami, collegato al Battisti, e poco avanti il ramo del Makita, ben più stretto e complesso, in fase di disostruzione ed esplorazione. Notiamo altri invitanti prosecuzioni a destra e non resistiamo alla tentazione di fare due passi nella grotta del Paradiso, un concrezionatissimo ed elegante meandrino che si apre sempre a destra. Da quest'ultimo, aldilà di un limpido laghetto, si potrebbe continuare in un settore che mi dicono di notevole interesse e bellezza fino a ritrovarsi oltre le fessure del ramo del Makita, ma non abbiamo il tempo per provarci e soprattutto siamo ospiti, per cui dobbiamo cercare di non combinare guai (impresa alquanto difficile...) e causare disagi, così rinunciamo.
- Scendiamo sulle passerelle della grotta turistica e attraversiamo la sala della Grande Frana: l'ambiente è ampio, morfologicamente importante, impreziosito da spettacolari concrezioni (una cameretta a sinistra, con laghetto certamente fatato, è un fantastico, ammaliante gioiello naturale) fra le quali spiccano centinaia di delicatissime cannule e una stalagmite che imita la torre di Pisa, e dalla pittoresca riproduzione in grandezza naturale di un ursus spelaeus.
- Abbandoniamo il percorso artificiale e seguiamo il torrente; superiamo un passaggio scomodo per entrare in una galleria che cambia spesso di dimensione e che con una lunga e piacevole passeggiata ci permetterà di raggiungere la vastissima sala Margherita, la cui parte bassa, quasi priva di concrezioni, per contrasto accentua l'effetto di quella alta che ne è particolarmente ricca, e la sala del Trivio. Durante il cammino incontriamo fra l'altro due salti attrezzati con scalette metalliche, vasche piene d'acqua, scenografiche colate di rilevanti dimensioni ed esili stalattiti, sottili vele policrome ed enormi massi precipitati dall'alto.
- Dalla sala del Trivio proviamo ad andare a destra, verso il ramo Terminale, e ci fermiamo dopo aver passato un primo pseudo-sifone (uno scomodo cunicolotto dalla sezione triangolare lungo meno di 10 metri, semi-allagato). Tornati indietro risaliamo a sinistra lo splendido ramo delle Cascate, una vera e propria forra attiva con le pareti lavorate dall'acqua che limpidissima si getta in rumorose cascatelle e sembra arrestarsi in placide, belle marmitte mai troppo profonde. In alcuni traversi sono necessari un po' di equilibrio e attenzione, un passaggio è abbastanza aereo, il tutto però è reso facile dalla presenza di pioli metallici infissi nella roccia, scalette e una passarella. Il meandro si stringe e si abbassa proponendo un paio di anse tanto strette che in ognuna inverte la direzione, poi sbuchiamo in una sala allungata; da qui continuiamo a salire per poco, fino a quando cioè la diramazione si chiude in una frana.
- In base a quanto ho visto solo girovagando nelle zone più conosciute della grotta Nuova di Villanova, ritengo che la stessa abbia in serbo importanti sorprese per gli esploratori che vi stanno lavorando... beati loro!!
I video brevi di Matteo Turci
Il film di Simona e Sandro Sedran
Alcune foto sono di Matteo Turci, dello Speleo Club Forlì |